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Il prefetto di Roma, Franco Gabrielli, incontra gli studenti del Collegio

Ha introdotto i lavori del primo incontro del mese di aprile il Presidente del Gruppo Centrale dei Cavalieri del Lavoro Vittorio Di Paola. Ospite il Prefetto di Roma Franco Gabrielli, già Prefetto dell’Aquila nel 2009 e capo del Dipartimento della Protezione Civile.

L’incontro ha preso il via con un’analisi degli aspetti caratterizzanti la concezione e la realizzazione della sicurezza in Italia. La questione che il Prefetto ha voluto sin da subito mettere in evidenza è stata quella del deficit culturale in tema di sicurezza che caratterizza il nostro Paese: “In Italia, il presente ha un ruolo preminente, dimentichiamo il passato e difettiamo di prospettive di lungo periodo” ha infatti sottolineato Gabrielli. E c’è un’altra tentazione alla quale occorre resistere.

Tre giorni dopo il tragico terremoto dell’Irpinia – ha ricordato il Prefetto – «Il Mattino» di Napoli titolò “FATE PRESTO”. Si dovrebbe sempre dire “FACCIAMO PRIMA”, a sottolineare l’importanza del tema della prevenzione e della pianificazione ma soprattutto la coralità che dovrebbe accompagnare ogni tentativo di miglioramento. Nella seconda parte del suo intervento il Prefetto ha esposto la situazione di Roma.

In primo luogo è stato sottolineato come lo sbilanciamento che la distribuzione dei presidi di polizia ha subito negli scorsi decenni a seguito dell’espansione della città si sia ripercosso negativamente sulla percezione di sicurezza da parte dei cittadini.

Allo stesso tempo, però, l’ospite ha inteso porre l’accento sulla ricettività della cittadinanza stessa rispetto agli episodi di macrocriminalità (corruzione, Mafia Capitale ecc.) e di come questi abbiano delle ricadute ben più negative sulle loro vite e sullo sviluppo del paese. Franco Gabrielli ha voluto chiudere il suo discorso con una frase ripresa da Ultimo Diario di Corrado Alvaro, “La disperazione più grave che possa impadronirsi d’una società è il dubbio che vivere rettamente sia inutile”, sollecitando a liberarci da questa sorta di assuefazione per ritornare a credere che anche i piccoli gesti di giustizia possano contribuire ai grandi cambiamenti.