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Accogliere veramente, ovvero integrare: a lezione con Maria Teresa Sempreviva

Mattia Secondino Bolognone

01.03.2023

Per Maria Teresa Sempreviva, Capo di Gabinetto del Ministero degli Interni, la strada verso una buona immigrazione è lastricata di ostacoli, in primo luogo quando ai migranti viene offerta accoglienza, ma non una vera integrazione. È necessario integrare efficacemente i migranti per trarre mutuo beneficio dall’immigrazione, perché altrimenti non possono diventare membri produttivi della società, e se non c’è mutuo beneficio, che senso ha accogliere? A lezione con la prefetto Sempreviva, i collegiali hanno esplorato questo e altri temi legati alle migrazioni ai tempi nostri, confrontandosi con chi l’immigrazione non solo la conosce bene, ma si spende ogni giorno per far fronte a questo fenomeno.

La prefetta Sempreviva ha dato inizio al suo intervento lanciando ai collegiali un messaggio importante: parlare di immigrazione non è solo un diritto, ma un dovere, perché questo fenomeno rappresenta una delle più grandi sfide del nostro tempo. Tuttavia, ha continuato la Sempreviva, è altrettanto vero che le migrazioni costituiscono un fenomeno strutturale di tutte le società, e non solo della nostra. Qualche numero: nel mondo, 280 milioni di persone sono migranti, circa il 3,6% della popolazione mondiale. In Italia, nel 2022 si sono verificati 105.000 arrivi irregolari, mentre la crisi migratoria scatenata dal conflitto russo-ucraino ha finora portato in Italia 173.000 ucraini, contribuendo a determinare un incremento sostanziale del flusso di migranti (+60%).
Di fronte a numeri così imponenti, riflette la prefetta, si rendono necessarie nuove strategie sviluppate di comune concerto con l’Unione Europea per gestire gli ingressi dei migranti. Questo è ancora più vero se si considera che l’Italia è terra d’arrivo non solo per gli ucraini, ma anche per centinaia di migliaia di uomini e donne che la raggiungono via mare e la cui richiesta di soggiorno dev’essere processata in Italia in quanto paese di primo ingresso.
A seguire, analizzeremo più nel dettaglio queste dinamiche. Di certo c’è una cosa: il peso dell’immigrazione nel Mediterraneo non dovrebbe ricadere solo sull’Italia!

L’Italia rappresenta un unicum in tutta Europa. È l’unica nazione le cui coste sono toccate da ben tre rotte migratorie: dall’Africa, dai Balcani e dal Medio Oriente. Le attuali norme in vigore, sancite dal Trattato di Dublino, impongono che debba essere il paese di primo ingresso a prendersi carico dei migranti, anche quando essi sono numerosissimi e gli altri paesi mediterranei si rifiutano di accoglierli. Questo è il caso dell’Italia, ma anche di Spagna, Malta e Cipro, ovvero gli altri paesi che sono punto di arrivo delle migrazioni del Mediterraneo. Tuttavia negli anni l’onere dell’Italia si è andato aggravando anche perché Malta ha smesso di condurre operazioni di salvataggio di migranti in mare. Lo scenario è ulteriormente esacerbato dal fatto che il sistema dei ricollocamenti (il trasferimento dei migranti dal paese di primo arrivo a un altro) non funziona, tanto che l’anno scorso, degli 8.000 ricollocamenti che sarebbero dovuti avvenire, solo 48 hanno avuto luogo. 48. È una percentuale quasi infinitesimale!
E’ inoltre necessario considerare che l’immigrazione rappresenta un peso per i paesi di transito oltre che per quelli d’arrivo.

La prefetta ci ha fatto notare che i modi di reagire alla crisi migratoria messi in pratica in passato si sono spesso rivelati fallimentari. In particolare, è possibile che le operazioni marittime di soccorso dei migranti abbiano contribuito a spingere i trafficanti di esseri umani a mettere in mare sempre più persone. Nell’ultimo decennio oltre alla Guardia Costiera hanno iniziato a mettere in pratica operazioni di salvataggio anche le ONG internazionali. Negli ultimi mesi, ma anche ciclicamente, la conseguenza degli arrivi dalla rotta del Mediterraneo centrale è che attualmente nell’hotspot di Lampedusa ci sono 1.500 persone, mentre il sito è adatto ad ospitarne al massimo 600. Questo è solo un esempio: la verità è che tutti i porti della Sicilia sono allo stremo.

Come reagire a questa crisi? C’è solo una via, per la prefetta Sempreviva: insistere con l’UE affinché l’immigrazione sia rimessa al centro dell’agenda europea. Non c’è altra strada. Nel passato l’Unione Europea si è mostrata indifferente a questo tema: che i fenomeni migratori costituissero una responsabilità che la maggior parte dei paesi comunitari non volevano assumersi? Tuttavia, con la spinta del nuovo governo Meloni, sembra che le cose stiano cambiando. L’UE ha ricominciato a prestare ascolto all’Italia sul tema e un nuovo decreto legge per gestire il fenomeno migratorio è entrato in vigore da poco. La speranza è che in futuro, fianco a fianco con gli altri paesi coinvolti a ogni livello dal processo migratorio, si trovino delle nuove strategie per fare in modo che le persone non lascino le proprie nazioni di provenienza.

Questo può essere fatto attraverso progetti di sviluppo economico e di formazione per coloro che, a causa di possibilità economiche ed educative scarse, nei loro paesi di provenienza, ne hanno ben poche. In questo senso, il dialogo con i paesi di partenza è tanto importante quanto quello con i paesi UE.
Così si è concluso l’intervento della prefetta, che ha sancito anche la fine del ciclo di incontri del Collegio sull’immigrazione. Al termine di questo confronto, risulta chiaro che la gestione della crisi migratoria non è una partita, ma una serie di partite che devono essere giocate contemporaneamente e con tempestività. È un lavoro lungo e tedioso, ma il giocatore esperto gioca sempre su più tavoli e, conducendo attentamente le partite, non c’è dubbio che potremo trasformare il fenomeno migratorio in un punto di forza per noi e per chi arriva.