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Intelligenza artificiale, la sfida di una civiltà: a lezione da Leonardo Ambrosini

30.11.2022

di Mattia Secondino Bolognone

Se lo scimpanzé avesse saputo che, accendendo il fuoco, avrebbe causato la comparsa di una specie più intelligente e più potente, avrebbe spento la fiamma o l’avrebbe tenuta viva? Con la nascita dell’intelligenza artificiale questo interrogativo ci riguarda più da vicino di quanto non possiamo credere. A lezione con i collegiali, Leonardo Ambrosini, co-fondatore di Nexsecutive ed ex allievo del Collegio, ha sviluppato questo e altri temi sull’intelligenza artificiale, la nuova frontiera del progresso.

L’intervento di Ambrosini è stato preceduto dal discorso di Giorgio Ricci Maccarini, presidente dell’Associazione Alumni del Collegio e anch’esso ex collegiale. Ricci Maccarini ha illustrato ai Collegiali l’appena rinnovato organigramma dell’Associazione, all’interno della quale lo stesso Ambrosini ricopre il ruolo di coordinatore del gruppo romano, insieme al prof. Giovanni Cogliandro. Di recente si sono tenute a Roma e a Milano le riunioni elettive che hanno designato, oltre Cogliandro e Ambrosini, Marco Magnani ed Ylenia Venzo in seno al consiglio direttivo dell’Associazione Alumni.

Dopo l’introduzione di Ricci Maccarini, ha preso la parola Ambrosini, che ha cominciato col riflettere assieme ai collegiali sull’effetto farfalla: nelle scienze così come nella vita, sono spesso i piccoli avvenimenti a provocare i più grandi sconvolgimenti e le più liete gioie. In effetti, ha continuato l’imprenditore della provincia di Pesaro-Urbino, è proprio una sequenza fortuita di eventi ciò che ha portato allo sviluppo della tecnologia e, infine, alla creazione dell’intelligenza artificiale.

Ambrosini si leurea in Ingegneria informatica con specializzazione nell’AI nel 1997, e comincia la sua carriera professionale come informatico per la Procter & Gamble. Successivamente entra a far parte di un’azienda più piccola, ottenendo dei risultati straordinari: dopo aver proposto a Repubblica l’idea di introdurre la fruizione del giornale sui dispositivi mobili, quest’ultima acquista la sua azienda. Dopo quest’esperienza, l’ex allievo del Collegio “Lamaro Pozzani” lancia un progetto di start-up insieme a degli ex colleghi universitari. Nexse (questo il nome dell’impresa) opera nel crescente settore della telefonia riscontrando un successo formidabile. Pochi anni a seguire, arriva l’espansione all’estero: Nexse viene acquisita attraverso un’ M&A dalla francese Alten, e da allora Ambrosini siede dall’altra parte del tavolo – ora fa da business angel per aiutare le start-up di oggi a crescere.

Ma qual è il vero significato della crescita monstre del settore dell’informatica e dell’intelligenza artificiale? “Certo dobbiamo mettere da parte ciò che i film ci mostrano su di essa”, ha aggiunto il co-fondatore di Rigel : “l’AI non è altro che una disciplina che tenta di simulare il funzionamento del cervello umano. E tuttavia dobbiamo stare bene attenti, perché se la sua crescita non si fermerà (e non è previsto che si fermi!), in una manciata di secoli avremo davanti ai nostri occhi la prima forma di intelligenza artificiale autocosciente”.

Questo, ha affermato a ragione Ambrosini, ci mette davanti a scenari nuovissimi e di fondamentale importanza: o porre dei paletti entro cui limitare il progresso dell’AI o andare incontro al rischio che essa prenda il posto dell’uomo come specie dominante. È stato estremamente interessante constatare che non solo l’AI è potenzialmente più evoluta dell’uomo, ma in un futuro non troppo lontano le sue capacità potrebbero rasentare l’onnipotenza: immaginiamo un’intelligenza artificiale che crea un’altra intelligenza artificiale più potente (allo stesso modo in cui noi abbiamo creato la prima!), e che poi quella nuova ne crei un’altra ancora più potente e questa un’altra ancora – si tratta di un regressum ad infinitum che troverà fine solo quando l’AI troverà l’onnipotenza.

Al termine del suo intervento, Ambrosini pone ai collegiali una domanda, la domanda che costituisce l’anima di tutto l’incontro, la stessa riportata all’inizio dell’articolo. Tenere la fiamma del progresso accesa e perdere il nostro status di specie dominante o spegnere il fuoco, cullandoci in una quieta stagnazione?