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Incontri con gli Alumni | “In meta” con Luigi Mazzotta. Umanista “prestato” alle aziende

10.04.2022

di Andrea Ignazzi

Un’altra tappa del ciclo di incontri con l’Associazione Alumni è stata quello con Luigi Mazzotta, HR presso Poste Italiane S.p.A. e autore del libro “In Meta! – Il Rugby per le squadre aziendali” e del diario letterario “Orecchie – Agli Autori!”.

Classe 1961, nato in una piccola città nel Salento, con la quale ha sempre mantenuto un forte legame emotivo e affettivo, entra in Collegio (allora Residenza Universitaria) nel 1979. Si iscrive alla facoltà di Scienze Politiche alla Sapienza e ci racconta di quel momento della sua vita come di un periodo particolarmente turbolento e infiammato nel quadro politico italiano e non solo, tanto da portare ad un acceso dibattito anche all’interno delle università stesse, cosa che a suo parere lo segnerà in positivo e lo farà crescere come persona. Conclusi gli studi nel 1983 parte per il servizio di leva obbligatoria, completato il quale consegue un master al Centro Studi delle Camere di Commercio “Guglielmo Tagliacarne”. Inizia quindi la sua carriera in ambito aziendale.

Nel 1986 entra in Ansaldo, società industriale attiva nel settore della metalmeccanica, in una realtà completamente differente rispetto al suo ambito di studi. Come egli stesso ama ricordare, in quegli anni il nostro Paese stava vivendo una robusta crescita economica e c’era una forte spinta ad assumere i migliori laureati. Dunque, le opportunità di lavoro che si aprivano ad un neolaureato erano numerose e ciò gli ha permesso di poter esplorare una realtà così diversa dal suo ambito di studi. Lui stesso scherzosamente si definisce “un (presunto) umanista prestato all’azienda” proprio a sottolineare la fusione di queste sue due anime – quella umanista, propria della sua formazione e quella aziendale, propria poi della sua vita professionale –. Passerà dopo pochi anni all’ILVA S.p.A. e poi presso una Banca di Credito Cooperativo, facendo diverse esperienze e assumendo vari ruoli all’interno dei diversi contesti aziendali.

Nel 1998 inizia a lavorare per Poste Italiane, in un periodo di grande cambiamento per l’azienda: proprio in quell’anno, infatti, da ente pubblico economico in grave crisi finanziaria e simbolo dell’inefficienza italiana, Poste Italiane viene riorganizzata come S.p.A. sotto l’egida del Cavaliere del Lavoro Corrado Passera, che in pochi anni realizza una profonda trasformazione operativa e culturale che le permette di recuperare standard di qualità postale di livello europeo.

All’interno della rinata azienda si occupa di risorse umane e di politiche e sistemi di sviluppo, cosa che gli consente di dare espressione alla sua forte vocazione per l’istruzione e la formazione. Egli non ha mai nascosto infatti di aver sempre sognato di diventare insegnante, e l’opportunità che gli si offriva davanti era perciò preziosissima per lui.

Ci tiene a ricordare però che la carriera aziendale non è stata la sola spinta direzionale della sua vita. Sin da bambino ha coltivato infatti una forte passione per la lettura di libri di qualsiasi genere, tanto che ama definirsi “un lettore onnivoro”. La sua passione è così forte che non ci ha nascosto, a volte, di voler fare della propria vita letteratura e della letteratura la propria vita, immedesimandosi di volta in volta con i personaggi dei romanzi che leggeva.

A voler fare un paragone con un personaggio letterario sul suo rapporto con il lavoro, lui si rivede per esempio in Libertino Faussone, detto Tino, protagonista del racconto di Primo Levi “La chiave a stella”. Il lavoro per Faussone è un attributo positivo: l’uomo che realizza se stesso e che nel lavoro nobilita anche la sua parte spirituale, ed è questo l’obiettivo a cui, secondo lui, si dovrebbe tendere.

L’altra sua grande passione, scoperta soltanto da adulto, è il rugby che, a suo modo di vedere, non è soltanto uno sport fine a se stesso, ma può offrire anche diverse lezioni di vita e spunti su cui lavorare in ambito aziendale. Il suo libro “In Meta! – Il Rugby per le squadre aziendali”, come anche suggerito dal titolo, ruota proprio intorno a questa dimensione, alla sintesi fra lo spirito di squadra proprio del rugby e al senso di comunità proprio di chi lavora in team nella stessa azienda.

Ed è proprio dal paragone con il mondo del rugby che lui trae molti dei valori che ispirano la sua vita lavorativa. Si parla di responsabilità, di motivazione, ma soprattutto di aggiunta di valore. Nel rugby, dove i numeri delle maglie hanno ciascuno un proprio significato, si usa dire che la massima aspirazione per un giocatore deve essere quella di lasciare la propria maglia in un posto migliore di quello in cui la si è trovata, e in questi termini bisognerebbe pensare il proprio lavoro. Ciò che rende un lavoro degradante a volte non è tanto la mansione in sé, quanto la mancanza di senso e di motivazione, cioè la mancata percezione del proprio ruolo in funzione del più grande progetto del quale si fa parte.

Proprio dal paragone con il rugby ci congeda con l’insegnamento per lui più importante. Così come gli All Blacks non sono la squadra più forte perché i singoli giocatori sono necessariamente i migliori nel proprio ruolo, così in azienda il team migliore non è costituito dai lavoratori singolarmente più capaci, ma dal team in cui si sono costruite le relazioni più forti. La vera sfida per un’azienda non è solamente assumere i talenti migliori, ma è quella di creare modelli culturali comuni e trasmettere il senso di un obiettivo legato a dei valori.