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La scuola “affettuosa”. Il ministro Bianchi in visita al Collegio Lamaro Pozzani

11.06.2021

di Lorenzo Farrugio*

Sono da poco passate le 20 di un’afosa sera di un’estate romana ancora in fasce – appena il 9 giugno – quando Patrizio Bianchi fa il suo ingresso in aula magna, accolto da una calorosa standing ovation che si deve a chi torna in collegio per la prima volta nei panni da Ministro dell’Istruzione. 

Si alza, stacca il microfono dall’asta. L’incipit del suo saluto muove da quei doveri inderogabili di solidarietà sanciti dalla Costituzione. Tra i vari diritti ne annovera quello che a suo avviso è il più alto, il diritto ad avere dei doveri. Come quello della responsabilità sociale attorno al quale si sono coagulati i Cavalieri del Lavoro, che hanno trovato nobiltà nella loro fatica quotidiana. 

Nessuno è più un maturando. Eppure tra le poltrone alternate della sala si scorgono i visi di chi in un’altra vita faceva il rappresentante di istituto al liceo o consumava le suole nel sindacato studentesco. Tra di loro c’è chi come Paolo, laureando in Matematica, ha il sogno in tasca di insegnare. Strappa un sorriso al ministro, quando lo fa risentire giovane nell’ascoltare il ricordo dei suoi insegnanti. Nel nostro paese ci sono molti professori e pochi maestri. Il ministro lo esorta a finire tra quest’ultimi. 

Man mano che si inoltra nel suo intervento, traspare un riverente affetto con il Presidente Maurizio Sella e tanta riconoscenza a chi non esita a definire il suo maestro, il prof. Sebastiano Maffettone, coordinatore del comitato scientifico del Collegio Universitario dei Cavalieri del Lavoro Lamaro Pozzani, di cui pure il ministro è dal 2017 stato chiamato a far parte. 

Il rettore emerito dell’Università di Ferrara consiglia “L’arte dell’ascolto” di Plutarco, in un’epoca assordata da annunci e latrati, a chi, come lui augura agli studenti che ha di fronte, ambisce a diventare leader non di se stessi ma di comunità che crescono. 

Tocca il tema dell’uguaglianza, ricorda come i puzzle non esisterebbero se i loro pezzi fossero tutti uguali. D’altra parte nella sua analisi la nostra società necessita sì di specializzazione, abbinata però alla complementarietà. Quest’ultima richiede organizzazione e va intesa come la capacità di adattarsi e ricombinarsi con l’altro. Risale a Smith quando ricorda ai presenti che “la ricchezza di una nazione non è il tesoro del re ma la capacità di organizzare la sua forza produttiva.” 

Da buon pedagogo evoca poi le discipline non cognitive che servono a com – prendere e dunque a tenere insieme chi abbiamo intorno, non a catturarlo, ovvero a capirlo, nel significato originario del suo etimo latino. 

Prende spunto dalla riflessione in sala di una dottoranda tedesca, Marie Luise, per indicare le coordinate valoriali del nostro tempo. Mentre nel ‘700 lo Stato e il suo sistema educativo erano ancora fondati su base patrimoniale e la società aveva un suo centro, il monarca, oggi è l’interposizione delle forze a determinare i rapporti sociali. L’economia non ha un solo centro ma plurimi in grado di ripensarsi. 

Trapela la sua cifra da economista quando bacchetta chi ancora dipinge questa disciplina come la figurazione di mondi fermi. Il senso dell’economia giace invece nel cogliere le regole della vita comune. E proprio questa disciplina, così praticata, vedrebbe bene il ministro come un valido strumento per consentire agli studenti italiani di imparare ad imparare, a risalire alla radice delle cose. Molti sono infatti i cambiamenti epocali in corso e tutti sono molto più rapidi dei tempi necessariamente lunghi dei cicli scolastici del nostro sistema formativo. Da qualche anno ci stiamo accorgendo che i bimbi di oggi faranno lavori che ancora non esistono. 

Allora più che inseguire la novità, la scuola deve puntare a trasmettere una preparazione di fondo, che consenta di ricomporre il sapere, frammentato e disperso in tante branche e fonti, e di disporre in sequenza elementi della realtà che per la prima volta ci tangono. 

Quella che in questi mesi sta plasmando il ministro Bianchi è una scuola “affettuosa”, che insegni a non avere paura, infondendo valori che mettano al riparo dall’angoscia del cambiamento. 

Una scuola che si serva parimenti di testa, per sviluppare la capacità di giudizio, e mani, che non equivalgono solo a saper maneggiare una pialla ma ormai anche ad usare un cellulare. 

“La scuola ha ancora senso di esistere quando con Google puoi acquisire qualunque conoscenza?”. Si interroga a voce alta il prof. Bianchi. “Sì, perché la scuola è presidio di legalità e partecipazione”, non esita ad aggiungere un istante dopo. Abbiamo riscoperto nell’ultimo anno come la lezione in presenza sia molto più di una semplice impartizione a senso unico di nozioni e quanto questa salvi da solitudine, abbandono, disparità e devianze. A sentire il ministro fanno eco nella mente le parole di Victor Hugo che lungimirante soleva dire: “Chi apre le porte di una scuola chiude quelle di un carcere”. 

E a chi gli chiede se lui creda nelle scuole di eccellenza, risponde senza retorica che l’ICS “Rita Borsellino” e la scuola media fondata da Padre Pino Puglisi di Palermo, entrambe osteggiate od incendiate dalla mafia, sono le uniche scuole di eccellenza che conosce. 

Se non si riequilibrano infatti le opportunità di partenza, il merito rimane una verifica ex post delle condizioni iniziali. La lezione vale doppia perché a darla è quello che una volta era un ragazzo che ha preso per primo il diploma della sua famiglia, a suo agio col vendere polli e gestire un teatro pur di pagarsi gli studi, e che oggi è arrivato da ordinario e rettore emerito a guidare la Scuola italiana. E pensare che nel ‘76 il suo preside di facoltà a Trento gli pronosticò lapidario che non avrebbe mai fatto carriera. Ma già allora le circostanze parevano smentirlo, perché nel frattempo assegnava, con l’intento di punirlo, l’allora ricercatore Bianchi al prof. Mario Draghi. Ma questa è tutta un’altra storia. 

*Allievo del Collegio Universitario dei Cavalieri del Lavoro “Lamaro Pozzani”

La video sintesi dell'incontro con Patrizio Bianchi

Il video integrale dell'incontro con il ministro dell'Istruzione Patrizio Bianchi