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Recovery Plan, occasione per un’Europa più forte. Incontro con Pietro Reichlin

10.04.2021

di Leonardo Cicconofri

Si è aperto giovedì 8 aprile al Collegio Universitario dei Cavalieri del Lavoro “Lamaro Pozzani” il ciclo di incontri “Osservatorio sul Recovery Plan”. Il primo incontro, a cui hanno partecipato gli studenti del Collegio, ma anche molti allievi della rete dei Collegi di Merito, è stato tenuto dal professor Pietro Reichlin, ordinario di Economia alla LUISS Guido Carli, autore di numerosissimi studi e pubblicazioni, tra gli altri sul ciclo economico, la produttività, la crescita, il mercato del credito, nonché docente, presso il nostro Collegio, del corso propedeutico di Macroeconomia del corso di Cultura per l’Impresa “Valerio e Clara Gilli”.

Il professor Reichlin ha tenuto il suo speech sugli aspetti fondamentali del Recovery Plan, tanto nella sua dimensione paneuropea quanto applicato alla specifica situazione italiana: i 750 miliardi previsti dal programma saranno, per la prima volta nella storia dell’UE, presi in prestito sui mercati finanziari a nome dell’Unione nel suo complesso, andando a rappresentare un primo nucleo di debito comune che potrebbe in futuro condurre ad un rafforzamento del bilancio comunitario (il cosiddetto Hamilton moment).

All’Italia spettano 208 miliardi tra prestiti e grants, i contributi a fondo perduto, principalmente impiegati nel Dispositivo di Ripresa e Resilienza: l’obiettivo è di finanziare progetti di interesse comune tali da essere motore per la crescita e la ripartenza non solo del nostro Paese, ma di tutta l’Unione.

Unione che intende muoversi su alcune direttrici giudicate fondamentali per un continente che deve superare le disparità, visto anche l’effetto perequativo nella distribuzione delle risorse, e le politiche restrittive dello scorso decennio per avanzare convintamente verso un futuro più roseo.

Centrali, per capire la portata del Recovery Fund e il suo impatto sull’economia italiana, sono le stime della Banca d’Italia: anche gli scenari più pessimistici prevedono incrementi del 2% del PIL sul breve periodo, un aumento degli investimenti pubblici di circa 30 miliardi di euro e centinaia di migliaia di occupati in più. Compito dell’Italia sarà tuttavia intervenire su alcuni annosi problemi del sistema-Paese, quali la burocrazia, i processi, la ricerca, l’accesso al credito, che negli scorsi decenni hanno scoraggiato gli investimenti e la crescita.

Il Recovery plan dunque potrebbe, e tutti auspichiamo sia così, lo strumento risolutivo di mancanze strutturali e una tappa cruciale nel processo di integrazione europea.