“Qual è l’impatto dei social media sulla democrazia?” Questa è la domanda con cui esordisce Rolf Nijmeijer al seminario tenuto il 25 novembre al Collegio Lamaro Pozzani. Dottorando in scienze politiche alla LUISS Guido Carli di Roma, Nijmeijer focalizza la sua ricerca su temi quali informazione nell’era digitale, disinformazione e manipolazione attraverso i social media. In un’era caratterizzata dal sopravvento dei big data e della pubblicità mirata, diventa certo fondamentale chiedersi fino a che punto le nostre vite e le nostre scelte vengano condizionate da questi fattori e l’impatto che ne risulta sulla società e sulla politica. L’esempio più eclatante è il caso di Cambridge Analytica, società che si suppone abbia influenzato i risultati della campagna elettorale statunitense del 2016, della brexit e delle elezioni politiche italiane del 2012.
Il concetto chiave che viene introdotto da Nijmeijer è “information disorder”. Si tratta della diffusione volontaria di informazioni false su piattaforme digitali di larga scala con lo scopo di condizionare la visione della realtà dei singoli individui. Gli obiettivi possono essere diversi: eliminare il dissenso, diffondere narrative false o screditare le istituzioni e la fiducia nella scienza.
La diffusione di queste informazioni si attua inevitabilmente sulle grandi piattaforme digitali, come Facebook, Twitter e Instagram. Le tecniche utilizzate includono la racconta di informazioni sugli utenti al fine di creare profili psicologici individuali e pubblicità mirata; ma giocano un ruolo fondamentale anche i bots, gli influencers e piattaforme di diffusione di notizie.
Funziona davvero? Forse. Nonostante diversi esperti affermino di sì, Nijmeijer fa notare che è molto difficile quantificare l’efficacia di queste tecniche e questo costituisce una delle principali sfide di chi fa ricerca in questo ambito. Tuttavia, se si esamina il quadro più generale, l’efficacia delle tecniche di condizionamento delle persone diventa secondaria. Il vero obiettivo, afferma Nijmeijer, è in realtà quello di minare la società alla base, distruggere la fiducia nei mezzi di informazione e nelle istituzioni. La base della democrazia è la fiducia e, nel momento in cui essa viene a mancare, le persone vivono in condizioni di precarietà e paura e, di conseguenza, diventa più facile manipolarle. Si crea, così, un circolo vizioso inevitabile.
Il seminario termina, però, con una possibile via d’uscita. Esaminando la situazione in Finlandia, Nijmeijer fa notare che, in questo paese, l’effetto negativo dell’“information disorder” è molto meno evidente. Questo perché vi è una forte fiducia nella società, fomentata da un efficiente sistema educativo. L’educazione diventa quindi fondamentale per permettere agli utenti di riconoscere informazioni false. Sono inoltre necessarie regolamentazioni più restrittive sull’uso dei social media e sull’utilizzo della pubblicità. Come implementarle in un sistema così complesso, senza minare la libertà di espressione, rimane una questione aperta.