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Ferraris: Il Collegio? Un'”abbazia laica” per la futura classe dirigente

Incontri con i Laureati

31.05.2018

di Danilo D'Amico

Leo Ferraris, laureato dell’allora Residenza Universitaria Lamaro Pozzani e oggi docente di Economia presso l’Università di Tor Vergata, apre il suo intervento tornando al periodo, tra il 1993 ed il 1997, in cui ha vissuto tra le mura che questa sera lo accolgono come ospite. Accompagnato dal professor Giovanni Cogliandro, anche lui laureato della Residenza, offre un suggestivo spaccato della vita collegiale di metà anni ’90, tra il mito di Mani Pulite e la conseguente esplosione di iscritti nelle facoltà di Giurisprudenza,  il clima da “abbazia laica” ambito dall’allora direttore insieme alla sua missione di “creare la nuova classe dirigente”, i viaggi organizzati in tutta Europa e le iniziative spontanee degli stessi residenti, attivi nella gestione di cineforum e lezioni sugli argomenti più svariati.

Si giunge tuttavia alla fine dei cinque anni al momento del distacco, doloroso ma inevitabile, ed è in questa prospettiva che Ferraris racconta la sua esperienza di dottorato nelle università europee ed americane, con la speranza di indirizzare i collegiali dell’ultimo anno verso la strada che più potrà garantire loro successo e appagamento. La differenza tra uno studente e un ricercatore infatti, per gli universitari che puntino a diventare dottorandi, è nel passare dal riprodurre uno schema elaborato da altri al doverne studiare di nuovi, attività per la quale è necessaria una vera e propria vocazione. E fu proprio tale vocazione ad indirizzarlo verso la Teoria della Moneta, della quale tratteggia l’evoluzione dalla Francia rivoluzionaria a oggi, passando per l’originale applicazione al gioco d’azzardo alla rielaborazione per lo studio del comportamento di un numero sempre crescente di interessi diversi e contrastanti.

La discussione generatasi approfondisce il rapporto tra l’importanza della facoltà scelta e la prospettiva dello studio all’estero, fondamentale per molte discipline ma coerente con un’ottica di rientro in Italia, soffermandosi su esempi definiti “in controtendenza” che mostrano come resti sempre possibile cambiare percorso anche dopo l’università e su come l’interesse per le discipline universitarie sia cambiato nel corso degli anni.