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Borsa di studio del Gruppo Zegna, Soleti: “Dal Collegio ad Oxford per studiare Fisica delle particelle”

Intervista con il laureato del Collegio, vincitore della borsa di studio della Ermenegildo Zegna Founder’s Scholarship

Quark, fotoni e kaoni sono il suo pane quotidiano. Nei laboratori di Oxford, gli stessi che hanno sfornato cervelloni come John Michael Kosterlitz (premio Nobel per la Fisica nel 2016), Stefano Roberto Soleti sta svolgendo il dottorato in Fisica delle particelle.

Al secondo anno di questa avventura Oltremanica, il giovane fisico italiano, laureato del Collegio Universitario dei Cavalieri del Lavoro “Lamaro Pozzani”, risulta vincitore della borsa di studio della Ermenegildo Zegna Founder’s Scholarship, iniziativa del Gruppo Ermenegildo Zegna che offre sostegno agli studenti italiani molto promettenti per intraprendere percorsi di ricerca o specializzazione post-laurea all’estero. “Un sostegno importante – dice lo studioso – che mi permetterà di continuare la mia entusiasmante esperienza inglese. Qui ad Oxford mi occupo di un esperimento che studia i neutrini, particelle molto elusive che vengono prodotte dal sole, dai raggi cosmici e dai decadimenti di materiali radioattivi ( la scoperta di alcune loro proprietà è valsa il premio Nobel della Fisica nel 2015, ndr). I costi di un corso formativo d’eccellenza all’estero sono spesso troppo elevati, specialmente se rapportati al reddito medio italiano. La Fondazione Zegna permette, a chi è meritevole, di accedere a opportunità che, altrimenti, gli sarebbero facilmente precluse”.

Dottor Soleti, facciamo un passo indietro. Dove nasce la sua passione per la Fisica?

“Le materie scientifiche erano le mie preferite già ai tempi delle medie. Facile scegliere il liceo scientifico della mia Fasano, in provincia di Brindisi, da cui mi sono allontanato per iscrivermi a Fisica a Roma, alla Sapienza. Una scelta facilitata anche dal superamento delle selezioni per accedere al Collegio dei Cavalieri del Lavoro che, per cinque anni, mi ha dato vitto, alloggio, corsi di lingua e una buona infarinatura di diritto, economia e finanza, strumento fondamentale per la comprensione del mondo che ci circonda e indiscusso vantaggio competitivo per entrare nel mondo del lavoro”.

 

Anche per un fisico?

“Certo. Le suonerà strano, ma i dottorati in Fisica sono molto richiesti nell’ambito della finanza e dell’high tech”.

 

Quando finirà il dottorato?

“Dovrei terminare il mio percorso di studi nel 2018. Il titolo di dottorato è fondamentale per accedere a posizioni di ricerca e di insegnamento in ambito accademico. Personalmente, mi piacerebbe proseguire la mia carriera presso un’Università o un centro di ricerca”.

 

Che progetti ha per il futuro prossimo?

“Nei primi mesi del prossimo anno andrò a Chicago, dove sono già stato nel 2013 per uno stage presso il Fermi National Accelerator Laboratory. E’ lì che è nato il mio interesse per la Fisica delle particelle. Ci tornerò per avviare il lavoro di tesi. Successivamente mi trasferirò ad Harvard per svolgere l’ultimo anno di dottorato.

 

Ventisei anni e già tante esperienze all’estero. Che idea si è fatto del sistema formativo italiano rispetto alle università e ai centri di ricerca degli altri Paesi frequentati?

“Credo che il nostro sistema formativo sia troppo spesso bistrattato dai media, che contribuiscono a fornire l’immagine di un’università in perenne declino. In realtà, se le università e le aziende di tutto il mondo assumono laureati italiani, vuol dire che il livello formativo offerto dai nostri atenei è paragonabile, se non superiore, a quello degli altri Paesi, penso almeno a quelli europei. Tuttavia, è anche vero che l’Italia fatica a inserire i propri laureati all’interno delle proprie istituzioni e delle proprie aziende. Le università britanniche, ho modo di vedere, offrono un contatto diretto tra gli studenti e chi assume e aiutano anche il neolaureato a scegliere il percorso più adatto alle sue abilità e inclinazioni”.

 

Dove intende stabilirsi, finito il dottorato?

“Conseguito il titolo, mi piacerebbe fare un’esperienza lavorativa negli Stati Uniti e poi tornare finalmente in Italia per contribuire, nel mio piccolo, alla ricerca scientifica nel mio Paese”.