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Luca Diotallevi: il cristianesimo è o no una religione?

Il 14 gennaio è stato ospite del Collegio “Lamaro Pozzani” il prof. Luca Diotallevi, docente di Sociologia all’Università Roma Tre. Tema centrale dell’intervento è stato il tentativo di fornire una adeguata risposta ad un preciso interrogativo, ovvero se il cristianesimo sia semplicemente una “religione” e in che senso si debba intendere questa affermazione.

La riflessione dell’incontro, sviluppata in una prospettiva sociologica, si proponeva di completare il quadro di una questione emersa in occasione dell’intervento di Mons. Lorenzo Leuzzi. Il discorso è stato introdotto a partire dalle possibili relazioni tra la religione e il cristianesimo: parziale sovrapposizione o inclusione, intersezione oppure esclusione.

Il prof. Diotallevi ha scelto la strada della seconda ipotesi, concentrandosi sullo sviluppo del problema nella modernità e, più in particolare, sul principio “cuius regio eius religio”, sancito nel 1648 con la pace di Westfalia a conclusione della guerra dei Trent’anni.

La sociologia non dispone di un concetto generale di religione, ma è possibile ricavarne una definizione storicamente determinata e legata a doppio filo appunto con la vicenda della modernità: dal 1500 al 1900 la religione ha la forma di riti e credenze utili a garantire la coesione e il corretto “funzionamento” sociale, una sorta di state infrastructure intessuta di miti e riti e rispetto alla quale il cristianesimo si caratterizza per una dinamica articolata e complessa di riduzione (a questo ruolo) ed eccedenza.

Oggi, in una fase molto avanzata della modernizzazione e di fronte ad una crisi grave del ruolo dello stato (della sua laicità e della sua religione “confessionale”), ci troviamo in una condizione probabilmente unica per cogliere la natura del cristianesimo e i termini della sua stessa autocomprensione e autodescrizione.

Il cristianesimo è ben più che solo religione, nel senso che è stato indicato. Di qui la possibilità di rivisitarne i contenuti “extrareligiosi” e misurarne la fecondità per il nostro futuro.