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Cultura: crisi o trasformazione? Incontro con il Professor Fulvio Tessitore

Con il Prof. Fulvio Tessitore, membro dell'Accademia Nazionale dei Lincei e professore emerito di Storia della filosofia presso l’Università di Napoli “Federico II”, si è discusso il ruolo della cultura e la sua sorte ai giorni nostri.

Il professor Fulvio Tessitore, membro dell’Accademia Nazionale dei Lincei e professore emerito di Storia della filosofia presso l’Università di Napoli "Federico II", ha esordito evidenziando come la parola "crisi", nel corso della storia, abbia assunto il più delle volte significati differenti rispetto a quello originario di "trasformazione". Al giorno d’oggi ci si riferisce ad essa con il significato di "decadenza", dandone una lettura pessimistica.

Nel corso dell’incontro, grande attenzione è stata rivolta alla situazione politica e sociale dell’ultimo cinquantennio. Da sempre l’uomo si è trovato a fronteggiare fenomeni di grande cambiamento; attualmente, fenomeni come la globalizzazione e il prevalere di una cultura dell’apparire e dei "gazzettisti", come li ha definiti il prof. Tessitore, contribuiscono a restringere gli spazi di una riflessione pacata e adeguatamente approfondita sullo spessore dei problemi che dobbiamo affrontare.

Il relatore si è concentrato in particolare sul dibattito aperto ormai più di cinquanta anni fa dal fortunato volume di Charles Snow sulle due culture. Una attenta ricognizione dei presupposti filosofici della grande tradizione delle "scienze dello spirito", da Dilthey a Cassirer, permette di riportare anche questa formula ad effetto ad una più profonda e radicale questione gnoseologica, rispetto alla quale la contrapposizione perde molta della sua efficacia.

Il prof. Tessitore ha infine discusso della situazione scolastica e universitaria italiana alla luce della propria esperienza di parlamentare, oltre che di Rettore e di membro della più prestigiosa accademia culturale italiana. La vera emergenza non è a suo avviso quella della cosiddetta fuga dei cervelli, ma quella che nasce dalla nostra incapacità di attrarre altri cervelli nel paese.