La letteratura ha la capacità di far incontrare persone che la storia non è riuscita, ma che avrebbero potuto conoscersi; è proprio in questo spazio di possibilità, a metà tra immaginazione e realtà, che si colloca “La notte brava di Kant e Casanova”, romanzo presentato da Daniele Archibugi durante l’incontro del 10 ottobre 2025 al Collegio “Lamaro Pozzani”. Nel libro, con un linguaggio limpido e ironico l’autore mette in scena una conversazione impossibile tra due figure cardine dell’Europa illuminista, invitandoci a riflettere sulle tensioni che ancora oggi abitano la nostra esistenza: ordine e slancio vitale, pensiero e desiderio, disciplina e libertà.
Archibugi, Archibugi, economista noto anche per i suoi studi sulla democrazia cosmopolitica e sul pacifismo in filosofia, ha raccontato come la scrittura sia per lui innanzitutto un luogo di ricerca personale, una forma di interrogazione sul senso delle scelte e delle vite che conduciamo. A guidare l’incontro sono state domande attente e puntuali, capaci di far emergere la dimensione etica e umana che attraversa l’opera, poste dai due moderatori dell’incontro, Daniele Maria Falciglia, studente al secondo anno di Lettere Classiche, e Martino Casarotto, studente al primo anno di Giurisprudenza.
Archibugi ha presentato il suo ultimo romanzo, “La notte brava di Kant e Casanova”, pubblicato nel 2024 da Neri Pozza. Il libro immagina un incontro inedito, che sarebbe avvenuto nel 1764, tra Immanuel Kant, filosofo della legge morale e della razionalità, e Giacomo Casanova, viaggiatore irrequieto e libertino, nonché narratore instancabile. Due uomini della stessa epoca, entrambi quarantenni, eppure apparentemente opposti: uno non ha mai lasciato Königsberg, l’altro sempre in movimento, in carrozza, attraversando città e storie.
Il romanzo non vuole essere la sola narrazione di un incontro, ma una riflessione profonda sulla dualità di ragione e desiderio. “Le differenze avvicinano”, ha dichiarato Archibugi: Kant e Casanova non rappresentano il giusto e lo sbagliato, ma due metà della stessa condizione umana. Il primo tende alla forma, al limite, alla moralità rigorosa; il secondo incarna l’esperienza, la spontaneità, il piacere. Entrambi, tuttavia, come emerge dalla lettura, sono uomini profondamente soli, tormentati dal bisogno di trovare il modo giusto per essere cittadini del mondo.
L’autore ha voluto, inoltre, sottolineare l’esigenza di sfumare le categorie con cui tradizionalmente leggiamo la storia culturale europea: «Non credo che esista una distinzione netta tra Illuminismo e Romanticismo: alla fine, si tratta di persone». Così Kant, spesso rappresentato come austero e distante, è ritratto in una dimensione inedita, in cui è un uomo vulnerabile, quasi inquieto. Casanova, invece, si affranca dai luoghi comuni del libertino superficiale: lungi dall’essere “antifemminista”, come ha precisato Archibugi, egli è guidato dal desiderio di conoscere e riconoscere l’altro, forse proprio perché consapevole dell’impossibilità di stabilità.
L’incontro tra Kant e Casanova diventa così un laboratorio dell’umano, un terreno in cui il pensiero e il desiderio si osservano e si interrogano a vicenda. Nessuno dei due prevale, dal momento che la verità non risiede nell’una o nell’altra prospettiva, ma nello spazio che si apre tra esse; non si tratta di opporre morale e piacere, quanto di riconoscere la tensione che attraversa ogni esistenza: disciplina e abbandono, misura e sregolatezza. In conclusione, “La notte brava di Kant e Casanova” è soprattutto un invito a riconoscere nel dialogo con l’altro una possibilità di trasformazione. L’armonia non nasce dalla cancellazione delle differenze, ma dal loro ascolto; e forse, tra questi due estremi, si cela proprio la nostra umanità.