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Immigrazione, il ruolo strategico dell'”educazione non formale”

11.03.2023

di Arianna Giolitti

“Da anni, cercare asilo in Italia è diventato uno strumento che sempre più africani utilizzano per fuggire dal loro continente a causa dell’aumento degli attacchi terroristici e delle difficoltà economiche. Garantire loro una buona integrazione e una formazione adeguata sono alcuni degli obiettivi principali che ogni società dovrebbe porsi”.

Con queste parole Chukwudumebi Augusta Egbosiuba, dottoranda del “Joint international Doctorate in Social representation, culture and communication”  presso l’Università Sapienza e residente nel Collegio Lamaro – Pozzani, ha dato avvio al suo intervento tenutosi mercoledì 8 marzo, avente come tema principale il percorso interculturale degli immigrati in Italia in merito all’educazione, con particolare focus sull’educazione non-formale.

L’immigrazione è un fenomeno indubbiamente complesso, sia per i paesi ospitanti, sia per coloro che si trovano a viverla in prima persona. Quest’esperienza implica infatti la necessità di adattamento e inserimento nella nuova società, processo non privo di sforzi e difficoltà, come sottolinea la dottoranda, la cui ricerca si concentra non a caso sull’impatto psicologico e sociale legato a questo cambiamento.

Nonostante l’attrattività esercitata dall’Italia e da altri paesi sugli studenti stranieri grazie alle proposte educative offerte, gli immigrati possono incorrere in una problematica relativamente diffusa, comunemente definita come stress acculturativo. Inversamente correlata al benessere psicologico e fisico, questa forma di stress causa forte disagio, scatenato prevalentemente dalle differenze culturali, economiche, sociali e politiche esistenti tra la società d’origine e quella ospitante.

Ulteriore impatto è correlato alle caratteristiche individuali. Un possibile influsso è certamente esercitato da una serie di variabili demografiche come l’età, il genere, lo stato civile, l’istruzione e la durata del soggiorno, ma anche le caratteristiche della personalità dei singoli hanno una certa rilevanza.

Dopo queste premesse, la dottoranda ha provveduto ad illustrare uno dei concetti fondamentali su cui verte la sua ricerca, vale a dire quello di educazione non formale, cioè una forma di educazione avente luogo al di fuori del curriculum previsto dall’istruzione classica. Tra le attività enucleate rientrano incontri serali, progetti di lezioni a distanza e specifici programmi per tutoring individuale. Spesso sponsorizzate dalle autorità educative, le attività di apprendimento illustrate si svolgono con l’obiettivo di offrire una possibilità a coloro che per diverse ragioni non hanno potuto beneficiare di un’istruzione tradizionale.

L’incontro si è infine concluso con una riflessione in merito all’immigrazione quale sfida enorme per gli individui coinvolti e con un’osservazione particolarmente incisiva: in un mondo in cui la diversità è sempre più presente, l’inclusione e l’educazione sono strumenti essenziali per costruire una società migliore e più giusta per tutti e ognuno di noi dovrebbe anche nella sfera privata assumere un atteggiamento di apertura e curiosità verso il diverso al fine di un arricchimento personale oltre che sociale.