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Il femminismo di Penelope. Incontro con il prof. Ingrid Salvatore

04.11.2021

di Silvia Caggese

Con l’intervento del 3 novembre, il Collegio Lamaro Pozzani inaugura il primo ciclo tematico di incontri, dedicato alle questioni di genere. A parlare è la Professoressa Ingrid Salvatore, dell’Università degli studi di Salerno, le cui parole hanno sì una funzione propedeutica per introdurre al dibattito moderno sulla teoria femminista, ma presentano anche un aspetto molto intimo della sua ricerca personale, da cui nasce il progetto di un libro attualmente in corso d’opera.

La prima questione affrontata è quella della definizione di femminismo: se l’origine del termine si colloca nel 1882, quando venne coniato dalla suffragetta francese Hubertine Auclair, ben più difficile è lo studio temporale del fenomeno in sé.

Per poter parlare di teoria femminista, infatti, occorre innanzitutto che le ingiustizie siano specificatamente rivolte alle donne in quanto tali, e inoltre che non ne sia responsabile un gruppo ristretto, bensì permeino la società al punto di essere parte integrante della sua struttura.

Vista la grande varietà di contesti storico-sociali e di forme in cui la questione si presenta, nel femminismo moderno si fa spesso ricorso al termine “intersezionalità” per indicare la diversità delle esperienze osservabili. Il denominatore comune che lega e accomuna queste esperienze è semplicemente il fatto di essere state vissute da donne, ma a questo punto sorge la domanda: cos’è veramente il concetto di donna, la cui oppressione nel tempo rimane costante?

La risposta vede le femministe oscillare tra due differenti teorie: in una secondo cui donne sono ciò che è identificato tale dagli uomini, mentre nell’altra viene intesa come un costrutto della società, modellato dall’oppressione stessa che ne permea la struttura.

Per poter meglio cogliere le possibili implicazioni di queste definizioni viene introdotta la figura di Penelope, così come è stata caratterizzata da Margaret Atwood in “Il canto di Penelope”.

In quest’opera la poetessa racconta la storia di Penelope con l’espediente di un’immaginaria autobiografia post-mortem, fornendo un’interpretazione del mito in cui l’eroina non è più solo una donna oppressa in attesa del marito ma si scopre protagonista di una sua odissea nella gestione dell’economia del suo regno e della sua casa, centro vitale della produzione del mondo antico.

La posizione della Atwood è stata criticata da chi ha ritenuto un errore non considerare Penelope totalmente oppressa in quanto donna rinchiusa nelle proprie mura domestiche, come ad esempio Eva Cantarella, che si è rifatta alla visione delle casalinghe degli anni ’50, ma la diversa concezione di vita domestica renderebbe poco valido il confronto.

Se è indubbia la condizione di oppressione di Penelope rispetto alla situazione odierna, rimane da considerare il ruolo del personaggio come oppressore nei confronti dei suoi schiavi e sottoposti.

A questo punto, però, la società appare genericamente prevaricante e ingiusta non solo verso le donne a meno che, tornando alla teoria sistemica, non si considerino queste ultime come un prodotto della società. In un simile contesto, però, anche gli uomini sono parte della società e l’oppressione rischia di scomparire, riducendosi a una caratteristica dell’ambiente sociale.

La Professoressa Salvatore risolve il problema definendo il femminismo non come termine omnicomprensivo ma come nome generico di una serie di movimenti indipendenti tra loro e facendo così risalire le origini del fenomeno alle lotte delle femministe storiche impegnate nell’affrontare il problema dell’emancipazione nel sottoinsieme specifico della propria realtà sociale.

A conclusione della serata, il dibattito si è sviluppato grazie agli spunti di riflessione offerti dagli studenti del collegio, toccando i temi del rapporto tra linguaggio e società, della frammentazione degli intenti femministi al venir meno di obiettivi universalmente condivisi e della relazione tra autopercezione e percezione esterna di un determinato gruppo.

Rimangono tuttavia ancora tanti inesplorati argomenti di riflessione, il che ci permette di chiudere l’incontro aspettando con ansia di leggere il libro della Professoressa.