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More is different: la biofisica e il valore della complessità. Incontro con Andrea Giansanti

Webinar

09.02.2021

di Chiara Gaibari

Gli studenti del Lamaro Pozzani hanno incontrato virtualmente Andrea Giansanti, membro dell’Associazione Laureati e professore associato di Fisica presso la Sapienza di Roma, nonché autore di numerosi articoli scientifici e di pubblicazioni sia accademiche che divulgative.

 

Entrato nell’allora neonata “Residenza Universitaria Lamaro-Pozzani” nell’anno accademico 1972-73, Andrea Giansanti, membro dell’Associazione Laureati e professore associato di Fisica presso la Sapienza di Roma, racconta con sincera emozione, nel corso dell’incontro tenuto martedì 8 febbraio, il periodo passato fra le familiari mura di via Saredo. Cinque densi anni che, afferma, hanno fatto la differenza, dal punto di vista umano e intellettuale. Ricorda con affetto gli amici, e in particolare il gruppo dei “Pretoriani”; le letture fondamentali e le discussioni serali; le tradizioni collegiali, il viaggio in Romania, il recupero del teatro di Montecastello di Vibio; persino la sfortunata camera 106 (spesso disturbata perché adiacente alla cabina telefonica).

Sullo sfondo, gli anni 70, decennio di tensioni e contestazioni, socialmente impegnativo, simboleggiato da quell’indumento, l’eskimo, che fu emblema di una generazione.

Il professor Giansanti oggi si occupa di biofisica, quella scienza interdisciplinare che applica a processi biologici le leggi e i metodi della fisica. Una “conversione alla complessità” avvenuta in corrispondenza dell’avvento del ventunesimo secolo, che, caratterizzato dalla rivoluzione tecnologica e dalla globalizzazione economica, politica e dei costumi, oltre che dall’emergere di una rete di poteri sovranazionali e da una connessione fra i popoli senza precedenti, può essere a sua volta definito il “secolo della complessità”,

Fu Galileo stesso a escludere la complessità dal campo d’azione della fisica, con la cosiddetta “rimozione dell’animale”. Scriveva infatti nel capitolo 47 del Saggiatore: “vo io pensando che questi sapori, odori, colori, etc., per la parte del suggetto nel quale ci par che riseggano, non sieno altro che puri nomi, ma tengano solamente lor residenza nel corpo sensitivo, sì che rimosso l’animale, sieno levate ed annichilate tutte queste qualità; tuttavolta però che noi, sì come gli abbiamo imposti nomi particolari e differenti da quelli de gli altri primi e reali accidenti, volessimo credere ch’esse ancora fussero veramente e realmente da quelli diverse”.

L’eredità lasciata da questo stile galileiano di pensiero alla moderna epistemologia scientifica è cristallizzata nella rigida struttura del metodo scientifico.

La complessità che la biofisica si propone di recuperare è, del resto, la complessità intrinseca della vita. Perché la complessità rientri nella fisica è necessario riconoscere nei sistemi viventi (ad esempio uno stormo di uccelli, per citare il lavoro della coppia Cavagna-Giardina) dei sistemi complessi, che non possono essere divisi in parti più semplici, né inquadrati in logiche strettamente meccanicistiche, senza metaforicamente ucciderli, ovvero senza che ne risultino distrutte l’unità e l’essenza.

L’appassionata lezione-testimonianza del professore si è conclusa con una serie di consigli per i giovani: studiare, certo, ma non solo. Sviluppare un’attitudine critica, imparare a usare (e anche a perdere, ma con saggezza) il tempo, sfruttare ogni opportunità, crearsi una rete di contatti e scegliere i propri maestri.