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Impresa, solidarietà (e Inter). La lezione del Cavalier Ernesto Pellegrini

Incontri con i Cavalieri del Lavoro

17.10.2019

di Andrea Cesari

Impegno, fatica e onestà. Queste le chiavi del successo secondo il Cavaliere del Lavoro Ernesto Pellegrini, il cui straordinario vissuto personale e imprenditoriale è stato al centro dell’incontro dello scorso 16 ottobre presso il Collegio “Lamaro Pozzani”. Qui, il Cavaliere ha presentato la sua biografia Una vita, un’impresa, quel libro che solo a 78 anni (e con un’azienda che ha alle spalle oltre mezzo secolo di storia) il Cavalier Pellegrini si è concesso il lusso di scrivere.

Ha così preso vita davanti agli occhi degli studenti il mirabolante spaccato di un’Italia che non esiste più, un’epopea che sa di bicicletta, di calcio e di anni Sessanta, la storia di un ragazzo che a vent’anni trova lavoro alla Bianchi e che, con il solo aiuto di una immensa forza di volontà e un’incrollabile dedizione alla causa, riesce a creare un gruppo che dà oggi lavoro a oltre novemila persone. Del resto, la forza che lo ha da sempre motivato è il comune denominatore dei giovani del boom economico: la volontà di emergere.

Proveniente da una famiglia di estrazione contadina, Ernesto Pellegrini ha imparato dalla fatica dei suoi genitori nei campi un potente monito: “come il raccolto, il successo si può ottenere soltanto con l’impegno e la fatica, lavorando in modo maledettamente serio ed onesto”. Ed è con questo credo ben radicato in testa che inizia la sua scalata verso il successo, quando, dopo la promozione a capocontabile, si reca dal suo responsabile chiedendo “non più soldi, ma più lavoro”, finendo così a gestire la mensa stessa della Bianchi. Questo l’atto di fondazione, questa la prima delle tante mense servite da quella che nel 1965, grazie alle 150 mila lire intascate a titolo di incentivo dal direttore, diventerà poi l’Organizzazione Mense Pellegrini.

Ed è con la stessa indomita capacità di sognare che nel 1979 scrive una lettera a cuore aperto a Ivanoe Fraizzoli, allora patrono dell’Inter, chiedendo di poter dare una mano ai colori che aveva amato sin da bambino. Pellegrini viene così “convocato” e arruolato nel consiglio di amministrazione della società, finendo per realizzare, l’8 gennaio 1984, il suo sogno d’infanzia: essere incoronato presidente della storia nerazzurra, dell’Inter dei record e di quel trio tutto tedesco, Klinsmann, Brehme e Matthäus, che ha fatto sognare una generazione.

Ma quella del Cavalier Pellegrini non è soltanto la storia di un imprenditore di successo. Fulgido esempio di un uomo di grande semplicità e rara bontà, il Cavaliere ha deciso di “dare anche indietro qualcosa”, creando nella sua Milano il ristorante solidale Ruben, intitolato al contadino di Cremona che aveva lavorato per la sua famiglia per tre generazioni e che, dopo l’esproprio della cascina, si era ripromesso di aiutare. Se allora non era riuscito a tener fede alla promessa, ora che ne ha la possibilità, Ernesto Pellegrini dà ogni giorno una mano ai “nuovi Ruben”, fornendo loro un pasto caldo al prezzo simbolico di un euro e restituendo loro dignità, all’insegna di un nuovo tipo di capitalismo, più etico e umano, mosso da una sana ambizione. Perché “l’impossibile non esiste, basta impegnarsi con tutte le proprie forze per renderlo possibile”.