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Educazione all’arte contemporanea. La lezione di Gianluca Riccio

Incontri serali

Roma 15.11.2017

di Angelo Giustiniani

L’arte contemporanea appare spesso criptica e impenetrabile, spesso ci si domanda se è vera arte e quale importanza e significato abbia nella nostra società. È intorno a queste domande che si è sviluppato l’incontro tenuto dal professor Gianluca Riccio, docente presso l’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale” e curatore di numerose mostre e progetti in spazi espositivi pubblici e privati, sia in Italia sia all’estero – da ultimo il Festival del Paesaggio di Capri, edizione 2017.

Con una playlist di opere d’arte ad hoc, il professor Riccio ha delineato un percorso trasversale tra la storia dell’arte e la storia dell’uomo, mettendone a nudo i legami profondi. Partendo dall’analisi di tre autoritratti realizzati nell’arco temporale brevissimo di un ventennio, rispettivamente da Picasso, De Chirico e Duchamp, è stato esplorato il senso di questa rappresentazione dell’Essere, fin dal Rinascimento veicolo della propria immagine e quindi atto di autoaffermazione ed autocelebrazione. Ma, ad inizio Novecento si va oltre: l’autoritratto è anche strumento di riflessione provocatoria e di scoperta di nuovi linguaggi espressivi. Ed è proprio sulla scia delle Avanguardie, del Dada e del ready made che gli oggetti, prevalentemente anestetici e seriali, perdono la loro funzione quotidiana connaturale ed entrano in uno spazio di interrogativi, rivoluzionando punti di riferimento collettivi. Il percorso è proseguito attraverso le environmental sculptures di Georges Segal, come “Woman in a Restaurant Booth”, e rapidi cenni alle installazioni più celebri dell’italiano Piero Manzoni, come “Merda d’Artista”, ma soprattutto “Sculture viventi”, punto di massima rottura con la tradizione, dove il corpo umano diviene letteralmente materiale artistico e opera d’arte. Per concludersi, infine, approdando alla riflessione che bisogna innanzitutto riuscire a capire sé stessi, ascoltandosi e riconoscendo le esigenze che vivere nella nostra società pone a ciascuno, senza la pretesa di cogliere in modo assoluto il senso di ogni manifestazione artistica contemporanea, che tuttavia non va per questo dequalificata o disprezzata.