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Incontro con il prof. Leonardo Becchetti

Il prof. Leonardo Becchetti, docente di Economia politica a "Tor Vergata", ci parla degli intrecci fra etica ed economia

Continuano gli incontri serali sulla responsabilità sociale d’impresa. Giovedì 8 maggio è il prof. Leonardo Becchetti, ordinario di Economia Politica all’Università di Roma “Tor Vergata”, ad approfondire i rapporti tra etica ed economia, con particolare riguardo al commercio equo e solidale e al microcredito come strumenti di promozione socio-economica dal basso.
La realtà globale dei mercati e delle comunicazioni costringe gli analisti a ragionare secondo tre direttrici: l’aspetto economico, o problema del bottom billion (il miliardo di persone che vivono con meno di un dollaro al giorno), il problema ambientale, che riguarda sia paesi sviluppati che quelli in via di sviluppo, e infine il cosiddetto paradosso di Easterlin, quella particolare situazione che, nei paesi industrializzati, vede il reddito dei cittadini crescere in maniera piuttosto sostenuta e la felicità invece rimanere stabile se non diminuire (fenomeno detto, più precisamente, decoupling).
Le ragioni del decoupling tra reddito e felicità sono da ricercare negli effetti negativi della integrazione globale, che allarga la competizione sul mercato del lavoro e crea differenze salariali importanti tra lavoratori specializzati e non. Soprattutto per questi ultimi lo scenario è poco confortante: subiscono infatti la concorrenza dei lavoratori dei paesi poveri e una pressione al ribasso dei loro diritti, in patria. Nei paesi d’origine, infatti, il vecchio sistema di pesi e contrappesi sindacali crolla di fronte all’ampliarsi dei mercati e al rafforzarsi delle multinazionali. Questo vuoto di potere lascia spazio all’azione individuale, alla responsabilità diffusa dei cittadini, al cosiddetto “voto con il portafoglio”, con il quale i singoli selezionano le imprese virtuose, socialmente responsabili. È qui che entrano in gioco il commercio equo e solidale, il microcredito e le banche etiche, tutte realtà in forte sviluppo.
Una ricerca del CEIS Tor Vergata (Centro interdipartimentale economia e istituzioni) ha rilevato che, ad esempio, in Germania un terzo di coloro che hanno ricevuto un aumento di stipendio è meno felice di prima. Come mai? Innanzitutto si verifica uno spiazzamento delle relazioni: un’ora di tempo libero relazionale adesso costa di più (gli economisti parlano a questo proposito di costo-opportunità, ovvero tutto ciò a cui bisogna rinunciare per un’ora di tempo libero relazionale, ovvero un’ora di straordinario, un’ora di televisione, di palestra). Ci sono anche delle ragioni più profonde: la sempre più vasta finanziarizzazione dell’economia (mercati sempre più grandi e sempre più potenti) ha portato a una sorta di perversa inversione dei valori, per la quale in pole position troviamo la massimizzazione del valore per gli azionisti e solo dopo la creazione di valore aggregato, il benessere macroeconomico, la felicità individuale.
Per inquadrare e risolvere il problema bisogna per prima cosa uscire dai paradigmi dell’economia classica (l’homo oeconomicus e la teoria razionale del consumatore e del produttore) e trovare nuove categorie per un mondo in continua evoluzione, dove la dinamica tra capitale e lavoro è diventata tutta interna al consumatore, che è sia risparmiatore (azionista) che lavoratore, e non può più essere affrontata con le armi tradizionali. Romanticherie come la teoria della decrescita o un obsoleto protezionismo non riusciranno a cogliere la dimensione del problema: equilibri nazionali, o a due velocità (il Nord e il Sud del mondo), non potranno più rappresentare una soluzione perché la povertà del Sud del mondo diventa povertà dei lavoratori non specializzati del Nord, quindi destabilizzazione sociale e politica. Se c’è del buono nella globalizzazione è proprio questo: i lontani sono più vicini, i loro problemi sono anche i nostri e dobbiamo affrettarci a risolverli insieme.